Il consulente ecclesiastico, «compagno di viaggio» di un popolo
Da sempre nel Csi, accanto a dirigenti e allenatori, è presente anche la figura di un Consulente ecclesiastico, prete. Lo prevede lo Statuto ma lo prevede anche la sua natura di aggregazione laicale ecclesiale. La sua necessità non è data dalla sua competenza sportiva, anche se non è da trascurare, neppure dalla sua sapienza teologica. La sua presenza non è cercata semplicemente per una preghiera ad inizio riunione per mettere a posto la coscienza dell’ispirazione cristiana. Lo sanno far bene (si spera) anche i laici in forza del loro Battesimo. Il Consulente ecclesiastico è anzitutto un prete che si fa compagno di viaggio di un “popolo numeroso” come quello dello sport che cerca di vivere la ricerca della propria felicità nella pratica sportiva fatta di sacrifici, incontri, sfide, delusioni e gioie. Non è chiesto di saper organizzare. Non è chiesto di fare scelte politiche. Non è chiesto di gestire i soldi. Gli è chiesto di camminare accanto ai dirigenti per “orientare”, cioè per ricordare che la missione del Csi è sì quella di promuovere lo sport, ma salvaguardando l’uomo per il quale Dio si è fatto uomo. Non un uomo generico ma quello che emerge dal Vangelo e che la Chiesa cerca di custodire. Di questo non ci si deve dimenticare mai quando si organizza lo sport. Lo ha ribadito con forza e decisione il Presidente Bosio in occasione dell’incontro con una quarantina di Consulenti ecclesiastici riuniti a Roma per un incontro di approfondimento del loro servizio. “Servizio”, di questo dobbiamo ricordarci. Un prete è sempre chiamato a servire i suoi fratelli, lì dove il Vescovo lo manda. Non perché è più facile, non perché è più bello, non per la bontà della gente ma perché è lì che sei mandato. Un servizio prezioso anche nello sport per la sua capacità di “aggregare e mettere in relazione” anche persone diverse, addirittura nemiche. La fraternità e l’amicizia sono insite nello sport ma necessitano lo sguardo profetico di qualcuno che continuamente le richiami con forza come uno degli antidoti necessari all’egoismo e all’isolamento della società di oggi, che hanno la pretesa di ripiegare tutto verso i propri bisogni e i propri sogni. In una società liquida o di sabbia, dove non c’è coesione e le relazioni sono a basso costo, il Csi vuole promuovere uno sport di relazioni più solidali, fraterne e attente ai più deboli. Un servizio, quello del Consulente ecclesiastico, che diventa anche simpatia, nel senso più radicale del termine, cioè fondersi con la passione e l’entusiasmo di tanti dirigenti e allenatori. Non c’è bisogno di un prete per fare bene le cose. Anche i laici sanno far bene il loro dovere. Un prete sa ammirare, sostenere, incoraggiare il tanto bene che le persone del Csi sanno compiere. Ha l’umiltà di imparare da loro e gioire con loro. Il Cardinale Comastri, nella Messa conclusiva, ha ricordato che educare è «lasciare buoni ricordi». Così anche il Consulente ecclesiastico è chiamato a lasciare una traccia del suo passaggio fatto di amicizia vera.